E’ il tempo
Paolo Pallara
Lo scorrere delle notti accorcia il giorno in un breve sipario tra due verità che accolgono l’affiorare dei nostri pensieri, delle nostre paure, della consapevolezza di essere. Qualcosa accade… e siamo qui a raccogliere i cocci del nostro essere in questo tempo.
Paolo Pallara. Le nostre ombre di notte
Daniele Serafini
Non la soglia ti è ignota,
ma oscuri sono i passi più in
là del mondo di cui sai
tutto… ma non dove sia.
Angelo Andreotti, L’Attenzione
Per Novalis e Leopardi la notte è il momento dell’agnizione sulla condizione umana, il disvelamento, che ci rivela la verità (alètheia in greco) delle cose, il non nascondimento, come suggerisce l’etimologia della parola. Nel Tristan und Isolde di Wagner la “dolce notte” viene persino contrapposta al “menzognero giorno”, diviene il momento della sovranità del sentimento dove i due amanti possono vivere la loro passione, rifugiandosi in un’altra realtà. Guardando queste opere di Paolo Pallara non possiamo non pensare anche alle notti bianche di Dostoevskij, durante le quali un sognatore approfitta della loro magia per vivere una sorta di educazione sentimentale, dopo avere incontrato una donna inquieta e misteriosa. L’artista ferrarese è un camminatore, un Wanderer (il viandante, figura classica del romanticismo tedesco) che di notte, come i grandi insonni della letteratura, da Didone a Zeno Cosini, da Kafka a Cioran, vaga solitario, attraversa la città estense, ne indaga i segreti, si immerge nelle volte medievali e nel suo respiro rinascimentale, non disdegnando le anonime strade di periferia, dove meglio si consuma il disagio architettonico della modernità, traendone ispirazione per i suoi lavori. Opere caratterizzate da una profondità materica, che l’artista ci offre in una sequenza seriale, proponendo modificazioni e variazioni sul tema, anche nella tavolozza cromatica, dove il rosso si alterna al nero, il colore dominante, con significative incursioni in un bianco avorio sporcato con la cenere, che stempera la vis drammatica della tela in un prezioso gioco di chiaroscuri. Come ebbe a scrivere Angelo Andreotti, poeta e critico d’arte scomparso di recente, quella di Pallara è una pittura di meditazione, “un’avventura del sentimento”, che si sviluppa attraverso la sua adesione all’informale. A me sembra che con questo ciclo di opere Paolo Pallara si incarichi di dirci, nell’evocare le inquiete ombre notturne del suo vivere, l’abisso del silenzio, della solitudine e di quella incomunicabilità che fu la cifra esistenziale ed artistica del suo concittadino Michelangelo Antonioni.